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Il campiello - 1974-75

autore: Carlo Goldoni
regia: Giorgio Strehler
scene: Luciano Damiani
costumi: Luciano Damiani
musiche: Fiorenzo Carpi
    


Lettera agli attori del Campiello del 1975

Lettera per la prova generale de Il campiello, 18-5-1975, inedito dattiloscritto conservato nell' Archivio del Piccolo Teatro di Milano

Siate leggeri nella gravità

 

Cari amici!

Prima che il nostro lavoro si concluda davanti al pubblico voglio abbracciarvi tutti, fraternamente e non “dirvi” ma “dirci” reciprocamente grazie per come abbiamo saputo stare insieme durante questi cinquanta giorni molto duri ma anche esaltanti e soprattutto pieni di calore. Abbiamo fatto un “lavoro di teatro” con coscienza professionale assoluta (in un mondo in cui quasi si vuole disprezzare questo sentimento del mestiere collettivo, che è invece il fondamento umano del teatro, con severità e talvolta anche con abbandono. Dico “talvolta” mentre avrei voluto scrivere “quasi sempre”. Forse questo è l’unico appunto “generale” che io oggi posso ancora farvi (al di là e al di qua di quel lavoro critico di approfondimento, di chiarezza, che non è mai finito, non per “spirito di perfezionismo” ma per “spirito scientifico” di ricerca senza un punto fermo, mai!). Spesso applicate il vostro senso storico, la vostra coscienza sociale, la vostra tensione di interpreti “di oggi”, persino il vostro amore per il nostro (perché è nostro) spettacolo, in una direzione diversa. Vorrei dire: in una direzione “sentita”, quasi, “contro” qualcuno, gli altri ad esempio, che non si vedono ma che stanno “sopra” al piccolo Campiello umano che rappresentiamo. Così molti momenti, esatti, credibili, diventano contratti, nervosi, aspri. Questo Campiello, miei cari, non è un “divertimento sul popolo”, non è una “farsa popolaresca” non è un “contrappunto musicale” ma è un’avventura popolare, di un mondo popolare, vista e colta con grande tenerezza, amorevolmente e, dove occorre, anche un poco ironicamente, con un distacco mai però negativo, sempre partecipe. Sotto questo profilo, una volta conquistata questa dimensione amorosa, allora può e deve nascere anche il riso, può fiorire lo scherzo, accendersi la baruffa, mettersi in moto il meccanismo degli equivoci e il gioco dei caratteri, coi loro piccoli vizi, con le loro manie, il loro disegno psicologico.

Possono chiarirsi i rapporti tra questo piccolo mondo plebeo e gli “altri”: il cavaliere un poco stordito e straniero ed incosciente ma umanamente curioso e fondamentalmente “semplice” nel cuore. Insomma, tutto può trovare la sua giusta prospettiva. Ma sempre dal versante “positivo”. Solo attraverso l’adesione, tenera, di noi interpreti a queste “persone” piccole e buffe talvolta, ma vere e solidali e pulite “dentro”, in un grande mondo freddo e ostile, dove “non se magna ben, né ogni dì” persone umane che conservano calore e un certo tipo di bontà di fondo, ruvida spesso, si può raggiungere il punto fondamentale della interpretazione de Il campiello ed il suo punto di accensione.

Brecht ci raccomandava spesso, in altre occasioni evidentemente: “siate leggeri nella gravità di ciò che si dice, semplici nella complessità”. Ed era ed è una cosa difficilissima. Perché anche la tenerezza talvolta può deviare nel sentimentale, nel morbido, ed Il campiello non è “sentimentale” né “morbido”. Il suo humus popolare è roccioso e forte.

Bisogna trovare la giusta leggerezza, il giusto amore, la giusta tenerezza, la giusta scioltezza, per portare davanti al pubblico una realtà profonda e non superficiale, non un gioco ma una grande avventura di poesia popolare, che attraverso un piccolo brivido del cuore faccia nascere una dolce attitudine verso la vita di questo poverissimo Campiello di un tempo, che riassume in sé tanti o tutti i campielli di ieri e di oggi.

Ancora un saluto affettuoso a tutti, proprio tutti e…via la Venturina!

 

 

Il vostro

Giorgio

 

 

 

 

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